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6/4/09

Nuclear sin escorias? Escorias humanas que manipularan el nuclear




Io vivo in un paese che, dopo aver rifiutato di sostenere l'energia nucleare nel suo campo per più di 20 anni, in questo momento ha deciso di accettare il fascino francese e di puntare verso le centrali o l'ha già fatto avviando un programma nucleare, al fine di ... Lanciare Italia di nuovo nel mondo moderno , quello che mi preoccupa, è che questo paese vecchio come il Cucco e disinformato come la mia bisnonna,che ha fatticato a riciclare i loro propri rifiuti normali e che ha un enorme potenziale per i terremoti ha decisso che diventare moderno vuol dire fare la energia di comsumo provenire di centrali nucleari di nuova generazione, e chiedo a quelli qui .. ricordate Cernobyl? ,vi renderete conto che l'energia nucleare non è la strada migliore a lungo termine, è si una strada sicura di lasciare in eredità al futuro delle scorie radioattive in giro per il pianeta?.

Ricordiamo che dal 26 aprile 1986, l'inferno ha rivelatto una fascia del suo viso sulla terra.

http://www.youtube.com/watch?v=fPsIVXM73qQ

Trentuno morti subito in seguito all'incidente, centinaia di altri (in gran parte "liquidatori", ossia persone inviate sul luogo per tamponare il disastro) ricoverati in ospedale con i classici sintomi di malattia da radiazione, cinque milioni di persone, sparse sui territori delle Bielorussia dell'Ucraina e della Federazione russa, esposte al fallout radioattivo, costituito soprattutto dagli isotopi di iodio e cesio: sono le cifre brute dell'immediato dopo esplosione. Che però da sole non rendono conto della gravità della situazione. A questi casi infatti vanno aggiunte le migliaia di bambini che, dopo anni, sono stati colpiti da tumori della tiroide dovuti al contatto con lo iodio radioattivo, per non parlare delle ricadute a livello psicologico che tutta la popolazione coinvolta sta ancora scontando.
Per questo motivo Wilfried Kreisel, direttore esecutivo del Settore salute e ambiente dell'Organizzazione mondiale della sanità, ha dichiarato che "l'eredità di Chernobyl rimarrà con noi per lungo tempo sotto forma sia di malattie direttamente indotte dalle radiazioni sia di disturbi di origine psicosomatica".
Eppure, dopo la grande paura vissuta nei giorni e mesi immediatamente successivi all'incidente per i temuti effetti che la nube radioattiva avrebbe potuto produrre sugli altri paesi europei (due giorni dopo l'esplosione, la radio svedese annunciava che e in Italia c'è ancora chi ricorda lo stridio dei contatori geiger passati sui muri degli edifici in molte località italiane) il disastro di Chernobyl è stato cancellato dalle pagine dei giornali. Scomparso, se si fa eccezione per qualche inchiesta isolata. Soltanto i bambini ucraini ospitati presso famiglie italiane hanno continuato a ricordare, ogni estate, che un reattore nucleare è esploso liberando nell'aria il suo contenuto letale e che ancora c'è chi ne porta le conseguenze sulla propria pelle. Come ha ricordato il segretario generale delle Nazioni unite, Kofi Annan, in occasione del quattordicesimo anniversario dell'esplosione: "L'incidente di Chernobyl ha riguardato finora più di sette milioni di persone. Tre milioni di bambini oggi hanno bisogno di continue cure mediche, ma dovremo aspettare fino al 2016, al più presto, per capire il numero esatto di coloro che avranno sviluppato malattie causate dall'esplosione del reattore di Chernobyl".
Oggi, l'ostacolo maggiore è però la povertà, che impedisce di dotare i presidi sanitari di attrezzature ad hoc: mancano persino i dosimetri per verificare la contaminazione radioattiva.
Esistono anche mezzi per tentare di detossificare gli alimenti: per ripulire il latte dai residui radioattivi basterebbe utilizzare uno specifico apparecchio separatore: ben pochi, però, lo possiedono: costa troppo. Così, i bambini continuano a bere latte contaminato pesantemente da cesio 137 e continueranno ad ammalarsi. Ed è proprio la contaminazione degli alimenti il rischio maggiore. Il biologo Yuri Bandazhevsky (un tempo direttore dell'Istituto medico di Gomel, da cui è stato espulso, poi messo in prigione e ora tenuto agli arresti domiciliari) ritiene di aver provato una relazione stretta tra quantità di cesio radioattivo presente nell'organismo dei bambini e la comparsa di malattie a carico del cuore, dei reni, del fegato.
Vassily Nesterenko, fisico di 66 anni che ha pagato con l'emarginazione e la perdita del lavoro il suo rifiuto di minimizzare l'incidente (come richiesto dai gerarchi dell'epoca) oggi è a capo di un'équipe che, grazie a donazioni estere, si occupa di tenere sotto controllo il livello di radioattività dei bambini bielorussi. "Si ritiene che i bimbi rischiano di ammalarsi con livelli di radioattività superiori ai 60 becquerel per chilogrammo di peso" dice Nesterenko, direttore dell'istituto indipendente Belrad di Minsk. "Nel villaggio di Sinitsa la media è di 110 becquerel; era 340 nel settembre 1998". Sinitsa si trova a un'ora di strada da Minsk, 350 chilometri da Chernobyl. Una distanza che ha fatto considerare per molto tempo l'area sicura. Non si era tenuto in conto che il vento, quel 26 aprile, spirava in quella direzione. In effetti, è la Bielorussia più che l'Ucraina, a essere stata investita dalla nube radioattiva.
Ma soprattutto, la chiusura del reattore non comporta automaticamente la scomparsa del rischio. "Ci vorranno più di 100 anni prima che il terreno, oggi letteralmente infarcito di cesio 137, ritorni coltivabile" sostengono gli esperti.
Nel frattempo, nelle aree contaminate la gente continua a vivere e a nutrirsi dei prodotti della terra. Addirittura, si invogliano gli abitanti di altre regioni dell'ex Unione sovietica politicamente instabili (come il Kazakistan) a colonizzare queste aree allettandoli con stipendi più alti.

E adessonun piccolo articolo in spagnolo
Fonte: Terraamerica.net.

Cuba cancela planta nuclear

Por Dalia Acosta*

El proyecto atómico de Juraguá estuvo en el centro de la Guerra Fría: según Estados Unidos, la nube radioactiva de una potencial avería podía llegar hasta Washington

LA HABANA.- Cuba renunció a la construcción de la central nuclear de Juraguá que, situada a 336 kilómetros al sureste de La Habana, era considerada como el proyecto energético más importante del país.

La construcción de la planta, llamada "la obra del siglo XX en Cuba", comenzó en 1983, con la colaboración de la Unión Soviética y debía cubrir 25 por ciento de los requerimientos de energía eléctrica.

El proyecto incluía otras dos centrales, una al este y otra al oeste del país, y tenía como principal fin eliminar la dependencia de la importación de petróleo, que en los años 80 sumaba 13 millones de toneladas anuales.

Pero las obras de Juraguá fueron interrumpidas hace ocho años y el presidente Fidel Castro confirmó en diciembre pasado que se buscarán alternativas no nucleares de energía.

La suspensión definitiva se debió a razones económicas, dijeron las autoridades, quienes siempre consideraron una "manipulación política" de Estados Unidos toda duda sobre la seguridad del proyecto.

El gobierno ha optado por soluciones "más eficientes y menos costosas" que la planta atómica, dijo Castro, luego de que el presidente ruso Vladimir Putin revelara el 15 de diciembre que "nuestros amigos de Cuba no están interesados en continuarla".

Juraguá fue uno de los principales proyectos económicos cubano-soviéticos, junto a una central termoeléctrica y a una fábrica de níquel, que La Habana se vio obligada a suspender por falta de fondos luego de la desintegración en 1991 de la Unión Soviética. Rusia intentó sin éxito en 1995 hallar socios en otros países para poner en marcha el primer reactor de la central nuclear cubana. Sólo el mantenimiento de la obra en la década pasada le costó a Moscú unos 30 millones de dólares.

"En las actuales condiciones no tiene sentido terminar la planta electronuclear'', dijo Osvaldo Martínez, director del Centro de Estudios de la Economía Mundial y miembro de la Asamblea del Poder Popular (parlamento).

Martínez explicó que, tras una inversión de casi mil millones de dólares, aún habría sido necesario aguardar seis años para obtener electricidad de Juraguá, un esfuerzo que pierde su sentido en el contexto actual del programa nacional de desarrollo energético. Setenta por ciento de la electricidad generada el año pasado fue alimentada por combustibles de origen nacional. De confirmarse los pronósticos, Cuba podría llegar en 2005 a cubrir sus necesidades con petróleo de producción propia.

La estrategia gubernamental se sustenta en la búsqueda de petróleo, en el ahorro energético y en el desarrollo de fuentes alternativas, como la generación eléctrica a partir de la biomasa de la caña de azúcar.

Castro, al confirmar el cierre definitivo de Juraguá, anunció la inauguración de Energás, una planta no nuclear construida por una empresa mixta, creada por el estado cubano y la compañía canadiense Sherrit, y que generará a fines de este año 20 por ciento de la electricidad que se consume en Cuba.

La noticia no fue comentada por los políticos estadounidenses ni por los grupos opositores dentro de la isla o las organizaciones ambientalistas que expresaban dudas sobre la seguridad de la central atómica.

Los detractores del proyecto aseguraban que Cuba no poseía capacidad para operar de manera segura una central nuclear, alegaban problemas de diseño original y de mantenimiento, el peligro de accidente en caso de un movimiento sísmico y dudas sobre el destino de los desechos nucleares.

La nube radioactiva que causaría una avería en Juraguá podría llegar hasta la ciudad de Washington, además de afectar a México, América Central y el Caribe, según la Administración Nacional Oceanográfica y Atmosférica de Estados Unidos. La puesta en marcha de la central de Juraguá habría sido "un acto de agresión" contra Estados Unidos, según la ley Helms-Burton, aprobada por el ex presidente Bill Clinton en 1996.

Estados Unidos resolvió en 1997 la construcción a un costo de tres millones de dólares de una red de seis estaciones para monitorear posibles emisiones radioactivas desde Cuba.

Ante cualquier alusión a la catástrofe de la central nuclear ucraniana de Chernobyl, ocurrida en 1986, el gobierno cubano argumentaba que la tecnología de Juraguá sería diferente.

Según fuentes oficiales, Juraguá podría soportar un sismo de ocho grados en la escala MSK-64, un maremoto con una ola de 10 metros de altura y el impacto de una nave aérea a una velocidad de 200 metros por segundo.

1 comentario:

Hilda Clerge dijo...

Hace poco estaba viendo en la television que ....en Chernobyl estaban tratando de construir los neo liberados ucranianos y preguntaron a los cientificos cuanto tiempo haria falta para que el terreno fuera bonario...48 mil de 365 le respondieron ...Hombre unico ser que destruye mas alla de su propio ciclo de vida